Oggi, il nord del Mozambico è l’epicentro delle tensioni sociali ed economiche con conseguenze devastanti sulla popolazione.
Durante l’attacco dei ribelli del 28 maggio scorso, quattro membri dello staff di Medici Senza Frontiere stavano lavorando presso il centro salute di Macomia, poco prima che fosse saccheggiato e bruciato.
Quel giorno, ventisette operatori sono fuggiti insieme al resto della popolazione, schivando i proiettili vaganti mentre intorno a loro si intensificavano i combattimenti.
Nessun membro del personale è stato ucciso, ma il trauma che hanno subito è molto grande.
Quando gli insorti hanno fatto il loro ingresso nel villaggio, le strade sono state bloccate e l’unico modo per scampare alla violenza era fuggire nella boscaglia.
La testimonianza di un operatore MSF:
“L’unico modo per fuggire era attraverso i cespugli sul retro dell’ospedale. Ho cominciato a correre quando ho sentito gli spari intorno a Macomia.
L’intera città correva verso la boscaglia.
Eravamo almeno un migliaio di persone – uomini, donne, anziani, bambini, malati – tutti in fuga dal suono degli spari.
Sembrava la fine del mondo.
La gente correva attraverso la fitta foresta – aree in cui nessun essere umano era mai stato prima.
C’era una vegetazione selvaggia con molte spine.”
Ci impegniamo a sostenere le popolazioni sfollate nella provincia di Cabo Delgado.
Il nostro ruolo è chiaro: fornire supporto a distanza affinché non si fermino le cure mediche alle persone che ne hanno più bisogno.
Fonte: Medici Senza Frontiere